In riferimento alla nomina a ministro dell’Integrazione della dottoressa Cècile Kyenge, già esponente del comitato scientifico dell’Istituto Italiano Fernando Santi, il presidente dello stesso Ente, Luciano Luciani, ha voluto delinearne una breve ma puntuale scheda. «Con la nomina a Ministro per l’Integrazione di Cècile Kyenge – riferisce Luciani – lo scenario politico e istituzionale riguardante le politiche migratorie è destinato a modificarsi rapidamente».
«Finalmente occupa una posizione strategica, sicuramente funzionale alle complesse questioni esistenti, una persona che abbiamo conosciuto in questi ultimi anni, lavorando al suo fianco, che ha manifestato con umiltà e interesse la volontà di comprenderle».
«Sin dai primi giorni in cui ha assunto la carica di Ministro Cècile Kyenge ha mostrato determinazione sulle questioni migratorie e soprattutto su quelle legate alla cittadinanza non solo sul versante degli immigrati extracomunitari e delle loro famiglie in Italia, ma anche su quello degli italiani nel mondo, appunto nell’insieme delle loro diversità, così ha da sempre ritenuto indispensabile l’Istituto Italiano Fernando Santi».
«Occorre un bagno di umiltà e un’approfondita riflessione da parte delle maggiori forze politiche che in questi anni si sono rincorse vicendevolmente, approvando nuove o integrando leggi demagogiche, quale quella del voto per corrispondenza, con i “brogli” che ne sono derivati e rappresentanze al Parlamento spesso inadeguate al ruolo».
«Non è necessario che votino milioni di elettori all’estero, magari mossi da sollecitazioni elettorali, ma che partecipino consapevolmente cittadini interessati alle vicende politiche italiane. Non è necessario il diritto di cittadinanza per discendenza perpetua, per cui è possibile a distanza di oltre un secolo riacquistare la cittadinanza italiana, pur essendo straniero per lingua, cultura, costume ed educazione ricevuta nel Paese di nascita, perché tutto ciò aggrava la condizione della vasta platea di milioni dei cosiddetti italiani nel mondo, gran parte dei quali non più tali, con ciò rendendo impossibile assicurare agli italiani di prima generazione, e più significativamente a quelli più bisognosi, che hanno concorso al miracolo economico italiano, l’assegno sociale ed altri provvedimenti di carattere socio-assistenziale-sanitario, assicurati ai residenti in Italia».
«È cittadino del Paese colui che nasce in un qualsiasi Paese, ricevendone la lingua, l’educazione, la cultura e le connesse tradizioni».
«Questa è la realtà e il conseguente diritto di suolo è strettamente legato a tale realtà; ciò vale per gli italiani all’estero che ne fruiscono nel Paese di emigrazione e deve essere assicurato da un sollecito provvedimento di legge che “legalizzi” e “includa” circa un milione di giovani nati in Italia da genitori stranieri».
«Questione più complessa è quella relativa alla riforma della cittadinanza che riguarda i diversi “versanti” migratori e le questioni connesse al diritto di voto, al welfare e alla rappresentanza»..
Il buon senso e la riflessione porterà a distinguere categorie di italiani e di oriundi italiani, magari istituzionalizzando e definendo con adeguati provvedimenti di legge questi ultimi, riconoscendo loro taluni diritti, quali corsi di lingua e cultura italiana, stage e facilitazione per il turismo di ritorno, ecc.».
«Si dovrà invece indicare, – conclude il presidente dell’Istituto Italiano Fernando Santi – attraverso l’esperienza dell’Associazionismo che rappresenta gli italiani nel mondo, ai milioni di residenti in Italia, nati in altri Paesi, le conquiste e il ruolo che i nostri emigrati all’estero hanno ottenuto e tuttora rivendicano in Italia per conseguirli nei Paesi di loro provenienza».